domenica 10 giugno 2012

Antoni Gaudì l'architetto di Dio


Definito da Le Corbusier "il plasmatore della pietra, del laterizio e del ferro"  Antoni Gaudì y Cornet è stato uno degli architetti  più incredibili, visionari, moderni e sconvolgenti di tutto il '900. Ricorre oggi l'anniversario della sua morte, a Barcellona ben ottantasei anni fa, investito da un tram proprio davanti alla sua più spettacolare e grandiosa opera, la Sagrada Famìlia, da considerarsi tra le meraviglie del mondo moderno, ma purtroppo ancora incompleta.
Quasi tutta la sua opera rimane legata alla capitale catalana, Barcellona. Era la sola città nel periodo tra il XIX e XX secolo nella quale si fosse verificato un principio di sviluppo industriale capace di coltivare la nascita del modernismo catalano (art nouveau) di cui in breve tempo Gaudì divenne il principale esponente.
La profonda fede cattolica di Gaudì, la sua spiritualità, traspare in maniera evidente nelle sue opere; Parco Guell, Casa Milà (detta anche la Pedrera), Casa Batllò, ne sono impregnate fin dal più piccolo organismo. Un misticismo intenso di non facile lettura, composto di elementi segreti talvolta ricorrenti. Una vita dedita alla ricerca della sintesi tra statica e plastica; l'architettura che crea un organismo il quale, come tale, deve sottostare alle leggi della natura. 
Ed è proprio la natura la principale fonte d'ispirazione dell'artista. Le sue forme floreali, le sue linee curve, l'effetto che su di essa compiono gli agenti atmosferici. Ma Gaudì ci insegna che la natura non va mai copiata, bensì va compresa, capita, fino ad immergersi in lei, in un pieno fitomorfismo. 
Oggi riposa li, in mezzo alla sua opera più intensa e imponente, quella Sagrada Famìlia che tanto lo impegnò fino a consumarlo e di cui esistono solo dei progetti ricostruiti, gli originali andarono bruciati in seguito ad un incendio durante la Guerra Civile nel 1936. Si dice che sarà terminata nel 2026, esattamente cento anni dopo la sua scomparsa, ma pare che sia un calcolo eccessivamente ottimistico. 
"Non c'è da rammaricarsi- diceva Gaudì - per il fatto che non posso finire il tempio. Invecchierò, ma altri verranno dopo di me. Quello che deve essere sempre conservato è lo spirito del lavoro, ma la sua vita dipende dalle generazioni a cui è lasciato." 
A noi non resta che godercela così, imponente e immensa, e quando il sole tramonta e ce la troviamo davanti illuminata solo dalle sue luci, non si può fare a meno di capire come mai la gente vada in giro a raccontare al mondo che sia stata fatta di sole ossa.
Via Luciano Celli 29





lunedì 4 giugno 2012

Alta Fedeltà

Vi è mai capitato di rimanere delusi del reale? -Eppure me lo immaginavo meglio…- e se non fosse più solo una questione di immaginazione, se in realtà ce lo “immaginavamo meglio” solo perché ce lo hanno fatto vedere meglio? Se ce lo “immaginavamo meglio” solo perché ci hanno assuefatti a pensare che sia meglio, se ce lo “immaginavamo meglio” solo perché ci siamo abituati a vedere in HD? 
Oggi ogni immagine che ci arriva è manipolata, resa perfetta. I colori vengono fatti più accesi, le imperfezioni vengono cancellate e rese innocue, la luce riposizionata e resa perfetta, il “rumore” abbattuto e fatto scomparire. Il nostro occhio si è abituato a vedere in alta qualità, immagini perfette che non esistono davvero perché la natura è casuale e non un palcoscenico ricreato e privato dei cosiddetti “elementi di disturbo”. 
Il simulacro moderno altro non è che l’immagine riprodotta, deformata, resa perfetta; e nel renderla perfetta, perde della sua naturale perfezione. 
Guardare senza un “mediatore” è diventato assai difficile. Osservare “il vero” è complicato, implica infilarci dentro del nostro; il sentimento, lo spirito critico, le emozioni, ma c’è ancora qualcuno capace di farlo? Vogliamo immagini perfette; donne, uomini, paesaggi. Non accettiamo l’imperfezione, ci sembra brutta, disdicevole, mediocre. 
Noi vogliamo l’HD. Il progetto grafico, la finzione che ci sta dietro, perché? Semplicemente perché ci hanno insegnato che è più bella, perché guardare dietro dei begli occhi un mondo perfetto scatena la nostra fantasia e il nostro desiderio e il desiderio è sempre guadagno per qualcuno. 
Ritornare al tubo catodico ci sembra un delitto, infondo è frutto del progresso e il progresso è necessario per il perpetuarsi della specie anche se ci sembra brutto e triste, perdere delle tradizioni per acquistarne altre è necessario. Le nostre “nuove” tradizioni sono dettate da immagini fittizie, da simulacri ricreati in laboratorio e che noi assumiamo come vere, che hanno perso qualsiasi veridicità, acquistando però  una sublime tecnica.
Il mondo delle immagini è un mondo che parte da molto lontano, nasce con l’uomo, dalla prima volta che ha aperto gli occhi. L’iconografia ci serve per giustificare quello che non sappiamo, non capiamo e vorremo essere.
Via Luciano Celli 29